L’uomo si colloca da sempre nella lotta fra la ricerca di un’armonia impossibile e il fascino del caos. L’incapacità di dare una forma e un senso alle cose e a se stesso lo spaventa, costringendolo a condurre un’esistenza che oscilla fra poli opposti, ad abitare nell’intervallo che si apre fra questi: ombra e luce, disperazione e pacificazione, caso e determinismo, disordine e armonia.

La Commedia di Dante percorre questo intervallo da un opposto all’altro, immaginando una soluzione definitiva, finale di quale sia il modo giusto di tendere al polo virtuoso. Non è una faccenda semplice. Eppure Dante la rende tale: è sufficiente dedicare all’amore la nostra esistenza. All’amore verso il prossimo, verso ciò che è giusto, vero, bello. Allora l’ago della bussola morale non potrà che puntare verso quel polo di luce e armonia.

Nella Commedia, insieme agli altri piani sensoriali e dell’esperienza, anche quello del suono aiuta Dante a lasciare nel lettore l’impronta di questo percorso virtuoso. Dalla parola latina cano che sta per “cantare”, “celebrare” ma anche “portare a conoscenza” arrivano quelle di “cantica” e “canto”, entrambe fondamentali nella costituzione della struttura dell’opera. La parola cano e tutte quelle che ne sono derivate in italiano tessono grandi aree semantiche che si mischiano fra loro e che hanno a che fare non solo con la musica, ma anche con la religiosità, l’orazione, la magia. Tutti temi tipici di quel Medioevo in cui Dante si è formato e ha composto le sue opere.

Dal rumore disorganizzato dell’Inferno, che procede per urla, grida e lamenti si passa alla salmodia e alla monodia del Purgatorio, regno della liturgia cantata tramite la quale le anime trovano una pacificazione sebbene ancora non completa. In questa cantica infatti i canti delle anime si alternano a gemiti di sofferenza tipici del penitente che ha avviato un percorso di redenzione. Solo nel Paradiso la monodia si apre finalmente alla polifonia e la musica si afferma definitivamente come esperienza mistica ed estatica. La musica polifonica è protagonista di quest’ultima cantica ed è manifestazione della pacificazione avvenuta, della fine di quella battaglia fra ordine e caos di cui l’uomo è preda. Del resto già nel Convivio Dante scriveva che “la musica trae a sé li spiriti umani, che quasi sono principalmente vapori del cuore, sì che quasi cessano da ogni operazione; sì è l’anima intera, quando l’ode, e la virtù quasi corre a lo spirito sensibile, che riceve lo suono”.

Dante evoca i rumori dello strazio dell’Inferno, la sobrietà del canto monodico del Purgatorio e poi l’estasi nell’armonia del canto polifonico del Paradiso. Egli può evocare con le parole, con i versi, ma i suoni non possono davvero raggiugere le orecchie del lettore. Ai compositori il compito di rendere eseguibile quella musica descritta dal poeta, agli esecutori quello di ritrovare in quei suoni nuove emozioni. Da qui un affascinante vertice espressivo.

Ed è questo che avverrà il prossimo 18 novembre nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme.
Luzzaschi, de Victoria, Verdi, Zecchi, Biebl, Kocsar, Barchi, Frisina e Ešenvalds i compositori di cui verranno eseguiti brani scelti. Coro Musicanova e Coro Eos gli esecutori.

Ci si vede al concerto, eh?